Il caso ha voluto che senza averlo programmato il nostro primo giorno a Bangkok coincidesse con il Buddha Day. Che fortuna!
Quante probabilità ci sono di arrivare a Bangkok proprio nel giorno in cui si festeggia ufficialmente il Buddha? Con tutta una serie di entrate gratis e aperture straordinarie a siti a lui dedicati? Facile, 365 su 365.
A Bangkok ogni giorno è il Buddha Day, o meglio, nessun giorno è il Buddha Day.
Si lo so, detta così può creare confusione ma dopo questo articolo dovrebbe essere tutto più chiaro. Noi l’abbiamo realmente capito dopo 3 giorni che eravamo lì, quindi c’è speranza per tutti.

Primo giorno nella capitale Thailandese dicevamo. Dopo un’intera giornata trascorsa a visitare Templi e ad orientarci e districarci tra le vie di Bangkok, decidiamo di tornare all’ostello per riposarci un po’. Scendiamo dalla Golden Mountain ancora spaesati e senza le idee chiare su come tornare al nostro alloggio. Improvvisamente dal muro che fiancheggia il marciapiede che stiamo percorrendo si apre un ingresso. A farne la guardia un uomo elegantemente vestito di nero, occhiali da sole e con capelli scuri pettinati all’indietro che gli conferiscono un aspetto autoritario.

«Where are you going?» ci chiede in un inglese tutto suo.
«Stiamo tornando all’ostello».
«Avete una cartina della città?».
«Ehm no, dovremmo vero?» rispondo incuriosito dall’interesse di quest’uomo.

Sbuffando e un po’ sorpreso dalla nostra disorganizzazione, estrae dalla tasca posteriore dei pantaloni una mappa e con una penna ci indica a grandi linee dove ci troviamo e dove si trova il nostro ostello.
Da qui in poi la conversazione si fa più sciolta e dopo alcune domande sulle nostre origini ed il suo entusiasmo per la squadra Lazio (sì, la Lazio) ci informa quasi bisbigliando di essere un poliziotto in borghese. Scostando la giacca e battendosi l’indice sul petto, ci fa notare che sulla tasca della polo che indossa ci sono tre iniziale bianche: S.P.D.

Sicuramente sarà Squalcosa Police Department penso. O forse no.

Nei minuti seguenti il poliziotto ci annota sulla mappa tutti i punti di interesse della città con gli orari migliori per visitarli e qualche parola utile in lingua thai.

«Ah, quasi dimenticavo, sapete che oggi è il Buddha day?».
«Ehm no… Auguri?».
«Solo per oggi e per questo motivo molti luoghi di interesse, tra cui il Wat Intharawihan qui vicino, dove si trova il Buddha alto 32 metri, sono aperti e gratuiti».

Gli facciamo capire che non ci interessa, che siamo sfiniti e tutto quello che vorremmo in quel momento è toglierci le scarpe e buttarci su di un letto. Gli dico che lo visiteremo un altro giorno. Lui insiste e ribadisce che solo durante il Buddha Day l’ingresso è gratuito e inoltre potremmo approfittarne, data la vicinanza, per passare all’ufficio del Turismo Thailandese di Bangkok per avere informazioni sulla città.
Questo è quello che capiamo dato che il nostro inglese non è dei migliori ed il suo è fortemente caratterizzato da un accento thailandese che non aiuta la compresione.

Vista la situazione di stallo creatasi, ci fa un cenno con la mano di seguirlo e si avvia lungo la strada.
Perché mai dovremmo seguire uno sconosciuto per le strade di Bangkok per vedere una cosa che non ci interessa e che fino a poco fa non sapevamo nemmeno esistesse? Andiamo.

Arrivati in fondo alla via svoltiamo bruscamente a destra e troviamo 4 Tuk-tuk parcheggiati, i cui autisti oziano senza più l’entusiasmo e la voglia di fare il loro lavoro.
Il nostro agente ci dice qualcosa di incomprensibile contenente le parole Buddha, information, hotel e facendo vedere il palmo della propria mano sul quale scrive velocemente alcuni simboli, dice al primo autista: «Only 40 bath, there are my friends!»
Quest’ultimo, un uomo esile e dai capelli neri come la pece, letto il misterioso messaggio ci fa cenno di salire.

Solo 40 bath (1 Euro circa) per un giro in Tuk-tuk per chissà quale posto sconosciuto di Bangkok? Perché no? Penso mentre salgo seguito dallo sguardo contrariato e carico d’odio di Alessandra verso di me e la mia (a sua detta) irresponsabilità. Salutato lo sbirro in borghese partiamo.

Chi almeno una volta nella vita è salito a bordo di un Tuk-tuk (e ne è sceso vivo) descrive l’esperienza come pericolosa, fuori da ogni logica. Dove gli autisti guidano come dei pazzi e ogni regola è per loro un limite da superare. Beh, posso confermare.

Dopo una ventina di minuti passati a superare a destra e a sinistra altri veicoli, infilandoci e sfrecciando attraverso vicoletti angusti, arriviamo al Wat Intharawihan. Quando proviamo a pagare, l’autista ci fa capire che si farà tutto alla fine, che ora possiamo visitare questo luogo per quanto tempo vogliamo e che lui ci aspetterà lì.
Quindi il mio piano segreto di arrivare fino al Buddha, pagare e poi tornare a casa evitando eventuali truffe è ufficialmente saltato. Bene.

All’entrata del Wat Intharawihan nessun cartello o segnale fa riferimento al tanto acclamato Buddha Day, ma l’entrata gratuita ristabilisce immediatamente in me la fiducia nel nostro poliziotto in incognito.
Non appena svoltiamo l’angolo, mentre il sole inizia a scendere dietro le sue larghe spalle, l’imponente Buddha si staglia di fronte ai nostri occhi facendoci sentire come formiche. Dall’alto dei suoi 32 metri, l’Illuminato sembra scrutare noi e i pochi fedeli presenti che accendono qualche bastoncino d’incenso ai suoi immensi piedi. Sarebbe stato veramente un peccato perderlo.

Wat Intharawihan

Wat Intharawihan. Foto presa da Wikipedia

Il nostro autista cammina nervoso avanti e indietro e non appena ci vede ci invita a salire sul suo mezzo. Facendoci dei gesti inequivocabili ci informa che qualcosa dentro la sua pancia ha fretta di uscire e che non tornerà prima di aver espletato i suoi bisogni. A tenerci compagnia in questo suo quarto d’ora d’assenza ci pensa un suo amico vestito tutto di bianco e adagiato su una sedia a lato del Tuk-tuk. Quest’uomo di mezza età, a suo dire, è un giornalista thailandese che è stato più volte in Italia per scrivere degli articoli. Dopo la sua biografia e alcune dritte per il nostro futuro itinerario ci congediamo, dato che il nostro autista fa ritorno dai gabinetti.

Clacson, smog e altre stradine prese su consiglio di passanti ci portano in una decina di minuti alla nostra seconda sosta, l’ufficio del Turismo Thailandese di Bangkok: una vecchia casa avvolta per metà dall’edera e dalla vegetazione che fa sembrare tutto tranne qualcosa di ufficiale. L’ipotesi della truffa aleggia sempre più pesante sulle nostre teste ma su pressanti cenni di entrare da parte di 5 thailandesi non possiamo tirarci indietro. Appena ci accomodiamo davanti ad una grossa scrivania, il locale si svuota e il presunto proprietario ci chiede di cosa abbiamo bisogno.
«Stiamo un mese in Thailandia cosa ci consiglia di vedere?» è tutto quello che riesco ad improvvisare.
La seguente mezz’ora trascorre tra bugie e cenni di assenso da parte nostra rivolte dapprima al proprietario thailandese, e in un secondo momento ad un americano di oltre 150 kg che improvvisamente lo sostituisce.

2.000 Euro a testa.

Questo è il costo di tutto il pacchetto viaggio che ci hanno stilato i due. Ormai è chiaro che il giro in Tuk-tuk per soli 40 Bath è una truffa. Molto spesso infatti, gli autisti dei Tuk-tuk abbassano le loro pretese sul prezzo richiesto ai clienti per andare in un determinato luogo. Aggiungeranno poi all’itinerario delle tappe per portare gli ignari turisti in negozi o fittizie agenzie turistiche le quali pagheranno agli amici autisti una commissione. Ok l’autista ci ha in qualche modo fregato. Ma in tutto questo qual è il ruolo del poliziotto?

«Meno di quel che pensavamo, davvero. Ci pensiamo su sta sera e domani torniamo per confermare ok?» dico bugiardamente prendendo il preventivo e cercando di non fare trapelare proprio ora il mio disinteresse per tutta questa faccenda.
«NO!» esclama con un tono forte l’armadio americano.

«Il preventivo lo lasciate qui se no voi andate in qualche altra agenzia per confrontare i prezzi». Ė vero che non avevamo intenzione di entrare in nessuna agenzia di viaggi e poi il caso ci ha fatto finire dentro la sua, ma che questo possa accadere nuovamente con un’altra lo escludo altamente.
Rimarcando falsamente che ci saremo rivisti l’indomani risaliamo sulla nostra caratteristica treruote e ci godiamo gli ultimi chilometri che ci separano dall’ostello.

Pagati i 40 Bath concordati, il nostro autista in pochi secondi è già un puntino invisibile dentro il caos di Bangkok.

Se tutte le truffe al mondo ti permettessero di macinare chilometri a bordo di una pittoresca ape, di scoprire luoghi di interesse sconosciuti, il tutto al solo prezzo di pochi spiccioli e di fasulle contrattazioni non sarebbe così male questo sistema. La seccatura è che magari non sempre si è così fortunati, e invece di un Buddha imperdibile ti portano a vedere la prima statuetta che trovano per poi andare al negozio di souvenir dell’amico. E si sa, non sempre è facile rifiutare l’acquisto una volta arrivati.

Ma sapendo dell’esistenza di queste truffe, contrattando prima della partenza, in cambio di una sosta dall’amico dell’autista, ci si può far portare per pochissimi Bath dove si vuole.

P.S. Per giorni ho avuto la convinzione, al di là di tutto, che quell’uomo elegante fosse realmente un poliziotto e che il 9 gennaio il popolo Thai celebri il Buddha Day.Tre giorni dopo l’accaduto, un signore ben vestito si avvicina e tra una cosa e l’altra, come fosse un segreto, ci confida: «Oggi è il Buddha Day, lo sapete?».
Eh no, questa volta non ci casco, non hai neanche la scritta SPD sulla polo!