Vedo le scure acque del canale di Beagle infrangersi contro il Saint Christopher, una vecchia imbarcazione arenata da più di cinquant’anni vicino alla battigia. Ciò significa una sola cosa: sono arrivato, dopo 3260 km sono giunto a Ushuaia.
Attraversare la Tierra del Fuego é stata forse la parte più difficile del viaggio. Le regole non scritte del fare autostop sembrano incepparsi in quel pezzo di Cile che si intromette nel territorio argentino, ma sono arrivato. Le mie suole calpestano la città più australe del mondo.
Dall’altra parte del canale scorgo il piccolo paesino cileno di Puerto Williams protetto dalle ultime cime delle Ande. Come dei guardiani senza tempo impediscono di vedere cosa c’è oltre, ossia il mare, qualche isolotto disabitato e poi l’Antartide. Verrà un tempo anche per quella bianca fetta di mondo ma non è questo il momento.
Ora non mi rimane altro che fare l’unica cosa che si fa una volta arrivati, tornare. Nei prossimi giorni girerò le punte dei piedi di 180° e risalirò il Paese verso nord. L’idea è quella di trovare un camion che vada fino a Buenos Aires percorrendo la Ruta 3 che costeggia l’Atlantico e farmi lasciare nei pressi di Bahia Blanca e da lì, ancora in autostop, macinare gli ultimi 450 km verso ovest per arrivare a Villa Regina. C’è una città e un barrio in particolare da salutare. Un lungo bus poi mi porterà nella capitale e da lì volerò su New York prima di atterrare in Italia dove mi fermerò qualche mese, prima di tornare, ne sono certo, sulla strada.
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