Per qualche bizzarro motivo l’essere umano, anche quando non ne ha la necessità, sente il desiderio di salire sulla groppa degli animali e farsi portare in giro. Succede con i cavalli, gli asini, i cammelli e in Asia con gli elefanti. Io per primo ho inserito il trekking con questi pachidermi nella mia lista delle 100 cose da fare prima di morire. Come spesso accade, quando hai la possibilità di fare una cosa ti ritrovi davanti uno scenario molto più complicato e diverso da come te lo eri immaginato, con una serie di implicazioni e dubbi da fronteggiare…
Non preoccupatevi, se avete intenzione di andare in Thailandia e volete fare un trekking con gli elefanti vi risulterà facilissimo, vi basterà entrare in una delle numerose agenzie di viaggio, prenotare, pagare e l’indomani le vostre terga poggeranno su di una comoda sedia in legno adagiata sul dorso di questi mammiferi. Passerete un’intera giornata ad osservare questi animali e avrete una bellissima foto ricordo. Poi però per far fronte al senso di vergogna che vi assalirà, dovrete fingere di non aver visto le catene alle loro zampe, le cicatrici sulle loro fronti, gli uncini in mano ai mahout. Dovrete in qualche modo auto convincervi che alcuni elefanti nascono con il dono della pittura mentre altri sono diventati abili ciclisti perchè era quello che ambivano di fare.
Molte Guesthouse e agenzie di viaggio vendono infatti pacchetti turistici che oltre al trekking nella foresta comprendono spettacoli durante i quali gli elefanti giocano a calcio, ballano, dipingono… Ma come si può riuscire ad insegnare certe cose ad un animale alto 3 metri e dal peso di 4000 kg?
Phajaan significa “frantumare lo spirito”, ed è il rito a cui sono sottoposti tutti gli elefanti catturati in natura. Dopo settimane di torture fisiche, mentali e psicologiche lo spirito selvaggio dei pachidermi scompare e l’uomo ottiene il pieno controllo su di loro. (Potete vedere un forte video di questa pratica qui). Va da se, che pagare e prendere parte a queste escursioni finanzia l’uso di queste pratiche.
Le alternative a tutto ciò esistono, basta solo saper cercare e scegliere con attenzione. Negli ultimi anni infatti stanno nascendo diversi centri volti al recupero di elefanti maltrattati in ambito turistico e in ambito lavorativo, come ad esempio i pachidermi impiegati nel trasporto legname. In questi centri è possibile trascorrere una o più giornate partecipando come volontario e svolgendo le mansioni di tutti i giorni. In questo modo il flusso di denaro proveniente dal turismo sarà un aiuto concreto per il centro e gli animali e non servirà a gonfiare le tasche di chi in questi esemplari vede soltanto denaro sonante. Come accade per ogni cosa non tutti i centri sono affidabili e premurosi con questi mammiferi. É quindi buona norma informarsi bene prima di scegliere a chi affidarsi per evitare di finanziare involontariamente persone che li maltrattano. Questi centri di recupero sono un’ottima occasione per conoscere da vicino questi mammiferi e le loro abitudini dando loro da mangiare, pulendoli e facendoli giocare.
Ma quindi i trekking a dorso dell’elefante sono insostenibili?
No. Sia chiaro, nessun animale nasce per svolgere la funzione di mezzo di trasporto, ma con le giuste accortezze si può arrivare ad una scelta sostenibile e per loro poco impattante.
Innanzitutto sono da prediligere i trekking che non fanno uso delle “howdahs”, le classiche sedie in legno o in metallo che poggiano sul dorso dell’animale causandogli ferite e stress. Il modo più naturale di cavalcare un elefante è infatti stare a cavalcioni sul suo collo. Altro punto fondamentale è l’orario di lavoro a cui questi animali sono sottoposti. Molti sono costretti a trasportare turisti per 8-9 ore al giorno a discapito del loro benessere, mentre altre organizzazioni limitano invece la durata del lavoro a 4 ore concedendo loro il giusto riposo. Diffidate sempre da chi vi vende il servizio e documentatevi prima utilizzando internet o attraverso l’esperienza di qualcuno che ha acquistato l’escursione prima di voi.
Dovrebbe essere scontato, ma in fondo ahimè mica tanto, che la bellezza di una passeggiata a dorso degli elefanti è tale se fatta nel loro ambiente; e per loro ambiente s’intende verde, natura e foresta.
Mi è capitato di vedere elefanti agghindati a festa trasportare turisti sotto il sole cocente per le strade di Ayutthaya, e una volta finito il tour rientrare sotto delle tettoie roventi. Inutile ribadire la differenza di quanto detto sopra. Un altro scempio sono i cuccioli di elefante utilizzati per far foto con i turisti in cambio di qualche bath, ho visto a Phuket che uno di questi veniva addirittura trasportato sul cassone di un pickup, non aggiungo altro.
Ma alla fine tu questo trekking con gli elefanti lo hai fatto o no?
Dopo un’attenta analisi e aiutati anche dal caso io e la mia ragazza abbiamo optato per fare questa esperienza in un villaggio a due ore da Chiang Mai sperduto sulle pendici del monte Doi Inthanon. Questo villaggio ha 4 elefanti che grazie al turismo e alle loro passeggiate permettono a questa piccola comunità di continuare a vivere. Dopo aver dato da mangiare agli elefanti si fa questo trekking della durata di un’ora circa immersi nella foresta stando a cavalcioni sull’elefante. Al termine di questa passeggiata si portano gli elefanti in un piccolo fiume che scorre nelle vicinanze per rinfrescarli prima del riposo. Se ci sono più partecipanti gli elefanti fanno al massimo due passeggiate (sempre un’ora ciascuna). Il mahout non utilizza ne bastoni ne uncini e gli elefanti non portano cicatrici sulla testa e non sono legati a catene.
L’esperienza di una passeggiata a dorso di uno degli animali più grandi del mondo se fatta responsabilmente è una fantastica possibilità di conoscere meglio questi animali e di aiutare loro e chi grazie a loro riesce a vivere, senza però torturarli in nome del vecchio dio denaro.
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