Cosa hanno in comune un sarto, un autista di Tuk-tuk e un commesso di articoli da spiaggia?
Niente, a meno che non vi troviate a Phuket e non vi siate imbattuti in Mr Ashiq.
La prima volta che incontrai Mr Ashiq (si pronuncia Asci) ero alla ricerca di una mappa dell’isola di Phuket. All’improvviso dall’alto di una scalinata sbucò quest’uomo, non più alto della mia vita, che provò a vendermi una corsa a bordo del suo Tuk-tuk. Notando che la vendita non sarebbe mai andata in porto mi indicò comunque dove avrei potuto trovare ciò che desideravo.
La sera seguente, avvolto nel mio asciugamano arancione di ritorno dalla spiaggia, mi fermai ad un piccolo bazar di articoli mare e d’improvviso da dietro uno scaffale sbucò Mr Ashiq salutandomi calorosamente e chiedendomi se desideravo qualcosa.
«Ma come? Non eri un autista di Tuk-tuk fino a ieri?», gli chiesi con un misto di perplessità e divertimento.
«Il padrone di questo negozio è un mio amico e io gli controllo la merce mentre lui cena».
«Quindi fin quando non torna tu sei fermo con il tuo mezzo?»
«Il tuk tuk di ieri sera?» mi chiese indicandomelo dall’altra parte della strada.
«Quello è di un altro mio amico, gli stavo facendo un favore mentre era via» sorrise fissandomi da un metro più in basso.
«Di’ un po’ piccolo uomo, ieri hai provato a sbolognarmi una corsa a bordo di un Tuk-tuk non tuo, oggi controlli che maschere e boccagli di un tuo compare rimangano al loro posto, fai qualcos’altro nella vita?»
«Io lavoro in un negozio che fa abiti su misura, si chiama Armani».
«Quindi ora in questo negozio Armani c’è qualcun altro al tuo posto?» gli chiesi divertito.
«Siamo solo io e il mio capo ma lui è fuori città al momento, perché un giorno di questi non passi a dare un’occhiata alla merce? è a tre minuti da qui, siamo sempre aperti» ribatté infischiandosene dell’espressione perplessa che si dipinse sul mio volto.
Rimasi colpito da questo personaggio che ogni sera vestiva i panni di chiunque non rivelandosi nessuno, che dava risposte irrazionali ma sempre pronte, e che sembrava aver ricevuto il dono dell’onniscienza per lo meno su ciò che riguardava Phuket, i soldi e il suo futuro. Così, incuriosito, decisi di fermarmi con lui al chiosco per provare a conoscerlo meglio. Che poi si sa, il lavoro di controllore di pinne e braccioli è meno duro se svolto in due.
Dei pantaloni scuri, troppo lunghi per delle gambe troppo corte, erano allacciati all’altezza del suo ombelico; dalla camicia a quadretti spuntavano due braccia sottili che si muovevano in continuazione seguendo il ritmo dei suoi occhi corvini che occupavano la maggior parte del suo piccolo volto. Insomma, immaginatevi un uomo sulla quarantina racchiuso in un corpo di un bambino di 10 anni, aggiungeteci la barba cresciuta di un giorno e avrete l’immagine perfetta di Mr Ashiq.
Tra un’incomprensione e l’altra mi disse di provenire dalla Birmania, di essere scappato anni prima dalla guerra e dal regime militare per cercare fortuna altrove. Il destino lo portò in Thailandia, sull’Isola di Phuket, dove iniziò a vendere vestiti in spiaggia per soli 100 € al mese e poi piano piano “salì” di livello fino a lavorare come dipendente in questo negozio Armani che confeziona vestiti su misura per i turisti.
Mi disse anche che tra un paio d’anni la sua intenzione sarebbe quella di tornare al suo Paese natale, perchè, con le nuove elezioni del 2015 vinte dal partito di Aung San Suu Kyi, la democrazia e la pace sembrano per la prima volta raggiungibili. A suo dire inoltre, nei prossimi anni la Birmania sarà presa d’assalto dai turisti stufi della “solita Thailandia” e alla ricerca di un Paese “nuovo”, ancora poco colpito dall’occidentalizzazione e dalla globalizzazione; e lui, una volta lì, costruirà un suo hotel e tutti quelli che ha conosciuto su questo incrocio di Phuket saranno ospitati gratuitamente.
Mentre mi raccontava dei suoi progetti futuri i suoi occhi incominciarono a luccicare e per cambiare discorso mi disse:
«sai che se ti rasi i capelli e vai in giro con quel asciugamano arancione avvolto intorno al corpo ti scambierebbero per un monaco e raccoglieresti un sacco di soldi?»
«A far bene ci vorrebbero i soldi dei Russi altro che monaci» gli risposi.
Ribattè dicendo che le persone con tanti soldi ormai non andavano più a Phuket, ma a Hong Kong, in Europa o in America. «Hai visto che a New York c’è un metro di neve?» continuò.
Annuii timidamente non capendo cosa centrasse con l’argomento soldi e dove volesse arrivare.
«Ho sentito che pagano fino a 300 dollari l’ora per spalarla! Se vado là e inizio a lavorare per 7 ore al giorno ne guadagnerei più di 2000 in una giornata! In una settimana sarebbero quasi 15000 che moltiplicati per un mese dovrebbero essere all’incirca 63 mila!»
«Guarda che sarà stato un caso isolato di qualche ricco che si è fatto pulire il vialetto di 10 metri non credere che..» provai invano a riportare la discussione su dei binari reali quando con una faccia attonita mormorò:
«Sai cosa potrei fare con 63000 Bath?»
«63000 dollari Mr Ashiq, non Bath. Devi moltiplicare per 40 per convertirli nella tua moneta». Fu un grave errore il mio. Vidi il lume della ragione allontanarsi piano piano dal suo corpo mentre con le mani nei capelli e gli occhi assenti si immergeva in questo suo nuovo calcolo.
Non riuscì mai a finire il conteggio dato l’importo così esorbitante per un uomo tanto semplice che vive in quella parte del mondo.
Quella sera, dopo averlo salutato, tornando all’hotel decisi di allungare il tragitto di qualche minuto per cercare l’ipotetico negozio di abiti su misura dove raccontava di lavorare. Trovai la porta accostata e le luci accese, gli abiti in bella mostra in vetrina, spilli e gessetti da sarto sul tavolo da lavoro. Un negozio all’apparenza efficiente se non che l’unico dipendente era ancora a fare da guardia a palette e secchielli nel chiosco di un amico, con la testa che nuotava tra sogni e numeri a cui non aveva mai seriamente pensato.
Alcuni giorni dopo, quando feci ritorno a Phuket dopo essere stato su altre isole, lo ritrovai spesso al solito bivio intento ad aiutare altri turisti nel trovare una sistemazione economica, nel raggiungere più velocemente il porto e a rispondere a qualsiasi tipo di richiesta che neanche una guida turistica saprebbe fornire. Che il suo destino fosse aprire un info point?
Quando arrivò il momento di lasciare definitivamente l’isola, gli chiesi il suo indirizzo così che potessi rimanere in contatto con questo piccolo grande uomo, che passa la maggior parte delle sue giornate all’incrocio tra Kata Road e Soi Pakbang, facendo ogni sera un lavoro diverso finendo per non fare bene nemmeno il suo mentre sogna di spalare neve a New York per poter tornare il prima possibile in Birmania, a casa sua.
Mi è venuta la pelle d’oca… questo racconto è stupendo, ed è realtà!
Grazie!