Due gabbie di legno con una porticina aperta se ne stanno sulla pavimentazione ancora bagnata di piazza Jamaa el Fna. Accanto a loro una Djellaba a righe grigie e nere lascia intravedere il viso di un uomo sui cui occhi e movimenti sono ammassati gli sguardi di un centinaio di persone. Tutte disposte in cerchio scrutano incuriosite questo oratore che si fa chiamare Ahmed.
Piazza Jamaa el Fna (detta anche Jemaa el Fnaa o Djema el fna), il cuore di Marrakech, è fatta di tante cose in tanti momenti diversi. Non appena il sole esce di scena, scomparendo lentamente tra le montagne alle spalle del minareto della moschea della Koutoubia, lei indossa il suo vestito migliore e dimostra a tutti di meritarsi il titolo di “patrimonio orale e immateriale dell’umanità” datole dall’UNESCO.
D’improvviso Ahmed emette un lungo fischio e tutto il pubblico segue la sua mano rivolta al cielo. Mentre le prime gocce d’acqua tornano a far vibrare le pozzanghere, tra cupi nuvoloni e alcuni lampi appaiono una decina di colombe bianche; Ahmed esegue alcuni movimenti rotatori con il braccio indirizzato verso l’alto e loro iniziano a compiere immensi giri a centinaia di metri d’altezza sopra Jamaa el Fna.
Girano girano… Quante volte dovranno eseguire questa rotazione per vedere tutto ciò che sta sotto di loro? Quanti giri servono per ammirare la piazza in tutto il suo splendore? Quanti ne occorrono per cogliere veramente tutti i segreti racchiusi in Jamaa el Fna?
Il suono ritmico e instancabile dei tamburi berberi, il profumo di spezie e i sapori che inondano la piazza catturano la mia mente che ammaliata inizia a viaggiare…
Riusciranno da lassù questi piccoli uccelli a sentire il suono allegro e avvolgente uscire dai flauti di pacifici uomini intenti ad incantare grovigli di serpenti e cobra? Vedranno i falò dove tutt’intorno si riuniscono persone che pendono dalle labbra di cantastorie d’altri tempi? Sapranno scorgere le robuste donne fasciate nelle loro eleganti tuniche che con estrema cura e precisione disegnano bellissimi motivi con l’hennè sulle mani di affascinati stranieri? Saranno in grado da quell’altezza di vedere con estrema precisione tutte le entrate dei Souk? Ce la faranno almeno loro a evitare di perdersi?
Riusciranno a vedere tutto ciò o il fumo che sale dalle cucine allestite al momento offuscherà loro la vista? A proposito di cucine, scorgeranno questi simpatici uomini che fanno di tutto pur di venderti un succo di frutta o un piatto di lumache?
Vedranno quel giovane che di tanto in tanto attraversa Jamaa el Fna trasportando un fumante thè da offrire a qualche amico? Capiranno almeno loro come funzionano queste bische dall’aria illegale che si svolgono nell’oscurità mentre poco più in là giovani acrobati stupiscono con piroette il loro pubblico?
Saranno in grado di cogliere tutta la forza, tutta l’umanità che ospita e sprigiona questa piazza?
Riusciranno da là in alto a scorgere gli occhi pieni di stupore, di emozioni e di sogni di chi sta scrivendo questo racconto?
Sapranno mai capire cosa si prova quaggiù, quale forza è in grado di diffondere Jamaa el Fna?
Un tintinnio di campanelle e piatti che schioccano dietro la nuca mi distraggono da questi pensieri. Dal nulla mi trovo davanti un uomo vestito di rosso con uno sgargiante copricapo che balla e mostra tutti i suoi spazi vuoti in mezzo ai denti mentre coppe dorate, che un tempo venivano usate per vendere l’acqua, penzolano dalle cinture che porta a tracolla sulle sue spalle. Il mio rifiuto a scattargli una foto in cambio di alcuni Dirham non lo demoralizza e lentamente se ne va in cerca di un’altra “vittima”.
Ahmed, con un urlo vigoroso, richiama le colombe che sempre roteando abbassano piano piano la loro quota, ma lo fanno molto lentamente, non hanno fretta di tornare a terra; probabilmente anche loro vorranno godersi ancora un po’ lo spettacolo.
Possibile che Jamaa el Fna sia ancora più bella dall’alto?
Mi faccio spazio tra una fiumana di tuniche, venditori e qualche asino; su un lato della piazza ho visto un ristorante, sul tetto ha una terrazza che si affaccia su Jamaa el Fna: è là che voglio andare.
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