C’è una freccia blu che da ormai 20 ore taglia in due l’asfalto e prova a risalire l’intera Argentina per portarmi a nord, nella provincia di Salta. Alle 20.30 puntuale ha lasciato la stazione di Villa Regina ed è scivolata a est lungo la Ruta 22 fino a La Adela dove ha imboccato la Ruta 154 ed ha iniziato a ripercorrere la lunga terra dell’asado. Lasciate le ultime luci della città il buio ha avvolto il bus e tutto ciò che lo circonda, gettandomi nelle braccia di Morfeo.
Il freddo pungente, di quelli che non ti fa dormire se non male, non tarda molto ad arrivare. Entra dalla finestra e si incunea tra le ossa accartocciate, costringendoti ad un dormiveglia costante. Uno scossone finisce per svegliarmi così getto lo sguardo fuori dalla lamiera di metallo e la miriade di stelle che premono contro il finestrino mi fanno sobbalzare. Dal lontano orizzonte fino ad arrivare al tettuccio del bus una sciarpa bianca spezza in due la cupa volta celeste. Non ne ho la certezza ma questa sera la vedo, la sento, la croce del Sur é lì, incastonata in mezzo agli astri minori. Intuisco che è lei e la mente torna a sfiorare i piccoli banchi di scuola quando ascoltavo le storie dei grandi navigatori che si districavano negli angoli bagnati del mondo con l’ausilio delle stelle.
Il bus scivola sulla lunga falda di bitume come un vascello sferza le acque salate dei grandi oceani. I pochi marinai a bordo dormono sotto coperta, e, lentamente, mi unisco nuovamente a loro. Mi scuoto dal torpore quando il lontano confine tra la terra e il cielo si appresta a tingersi di rosso fuoco, preludio di un nuovo giorno. L’orizzonte si lascia scappare l’alba che striscia veloce verso l’alto strappando all’oscurità immense distese di terra occupate di tanto in tanto da folti gruppi di bestiame. Sia a babordo sia a tribordo lo sguardo si perde in chilometri e chilometri di scenari che sembrano non avere una fine. Non sono sicuro ma credo che la rotta notturna abbia toccato i porti di Santa Rosa, Río Cuarto ed ora Córdoba, dove altri mozzi sono pronti ad imbarcarsi.
Lasciata l’omonima città spagnola il panorama cambia ripetutamente; abbandona i grandi campi e vira su dei colli disseminati da bassi boschi nel pieno del loro letargo invernale. Improvvisamente appare il deserto. Magri cactus si elevano nel cielo prima che le colline cedano nuovamente terreno alla pianura infinita, questa volta ripiena di vegetazione selvaggia.
Ad un tratto il quadro pianeggiante diventa ancora più livellato. Ampie chiazze bianche, simili alla sabbia del mare, si incuneano nella bassissima vegetazione rossastra fatta per lo più di piccoli cespugli che sembrano comporre le complesse trame dei tappeti marocchini. L’occhio ancora una volta si perde nella profondità di queste istantanee e rimane ancorato all’oblò.
L’imbarcazione sembra reggere bene la fatica di tutte queste ore di navigazione e a vele spiegate si avvicina sempre più alla provincia di Santiago del Estero. È giunta l’ora di sospendere il diario di bordo e godersi le ultime 9 ore di traversata, dopodiché il galeone blu attraccherà nella città di Salta e sarà tempo di scendere a esplorare la terra ferma.
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