Molo di Tha Ton da dove partono le long tail boats per Chiang Rai

Se hai passato due giorni interi a Tha Ton probabilmente la proprietaria del ristorante “Sunshine”, locale costruito interamente in bambù e foglie di palma, riserberà per te lo stesso trattamento che avrebbe con suo nipote. La mattina distinguerai il signore sulla cinquantina che parte con il suo trattore rosso per andare a lavorare nei campi e che farà rientro la sera e cosa certa, avrai attraversato decine e decine di volte il ponte che divide in due questo paesino di duemila anime.
Arrivato il terzo giorno capisci che è ora di ripartire.
Prossima tappa Chiang Rai.

Chiang Rai dista 72 Km di asfalto e polvere da Tha Ton, ma le più belle strade, si sa, sono quelle costruite dalla natura. Il fiume Kok (Maekok in thailandese) attraversa Tha Ton in silenzio quasi timoroso di farsi notare. Scorre lento e dopo due anse si perde nell’orizzonte. Sul suo dorso le long tail boats schizzano veloci e collegano il paesino con la “grande” città punto di partenza per raggiungere il famoso triangolo d’oro. La guida lo descrive come un tranquillo tragitto della durata stimata tra le 3 e le 5 ore.
Cosa può mai succedere in un viaggio in barca dal far variare la durata da 3 a 5 ore?

Il fime Kok visto dall'alto

Il fiume Kok visto dall’alto

Questa domanda continua a ronzarci in testa da ieri, quando abbiamo acquistato per 400 bath il biglietto al molo. Una prima parziale risposta si materializza non appena vediamo avvicinarsi la nostra imbarcazione e il suo “capitano”.

Essere nato e cresciuto nel bel mezzo del triangolo d’oro durante il boom dei fiori di papavero, con tutto ciò che di allucinante e pericoloso comporta, ti lascia inevitabilmente dei segni nell’anima e sulla pelle. Ma il destino quella volta doveva aver buttato giù due bicchieri di troppo per togliere al conducente della nostra long tail boat 28 denti su 32 e lasciargli il “lusso” di vedere la propria vita unicamente dall’occhio sinistro… Che poi a pensarci su, a che serve vederci bene se passi le giornate a poppa a guidare una barca con a bordo una decina di persone e altrettanti zaini da viaggio sistemati alla meno peggio sulla prua, che ti tolgono metà della visuale? Per di più navigando su di un fiume in cui l’acqua torbida si confonde con il colore degli argini terrosi e il tuo percorso sarà uno slalom gigante tra sassi, rami, essere viventi e quant’altro?

La canoa non è più lunga di 6 metri, e per stare comodi bisogna sedersi di traverso, con le spalle a una riva e i piedi rivolti verso l’altra. A poppa vicino al grosso motore il nostro fidato “comandante”, ribattezzato Jacob da alcuni passeggeri, forse per rendere tutto ancora un po’ più difficile ed emozionante, indossa un paio di occhiali da sole e con l’orologio color oro ben in vista governa il lungo albero motore da cui deriva il nome della barca. L’iniziale tensione e paura si sciolgono mano a mano che scivoliamo lungo il fiume; ai lati di questo serpente marrone spuntano di tanto in tanto capanne di paglia e costruzioni rudimentali circondante dal verde e dalla tranquillità, spezzata solo dal riecheggiare del nostro motore e di quello delle altre 3 canoe partite insieme a noi.

Bambini nel Maekok salutano le barche con a bordo gli stranieri

Le due signore francesi al mio fianco, che con l’acquistare degli anni hanno acquistato anche parecchi chili, sembra proprio che non si sentano a loro agio. Mentre cercano di schivare goffamente gli inevitabili schizzi che ogni tanto fanno incursione nello scafo, non mollano per un secondo la presa ai bordi. Bordi che istintivamente e improvvisamente tutti noi cerchiamo di afferrare quando dalle parti di Jacob un forte suono, che ricorda quello di una catena trascinata, ci mette in allarme. Se prima dall’elica zampillava in superficie uno spruzzo di acqua più o meno torbida, ora ne esce un getto impazzito di fango e acqua nera con ghiaia e sassi che volano in tutte le direzioni. È evidente che in quella zona il livello del fiume è troppo basso e l’elica ha iniziato a raschiare il fondo…che fare? Tra lo stupore di tutti il buon Jacob, armato del suo improbabile sorriso, effettua due-tre virate decise che riportano la calma sulla barca.

Tra una raschiata e l’altra il paesaggio ci offre il volto più bello e selvaggio della Thailandia: coltivazioni a terrazza si alternano a campi di palme; qua e là spuntano capanne instabili posizionate sulla cima degli argini, mentre qualche metro più sotto bambini e ragazzi si tuffano e fanno il bagno, interrompendo le loro attività solo per salutare noi stranieri di passaggio e offrirci tutti i loro infiniti sorrisi. Perdiamo il conto degli innumerevoli pescatori che incrociamo su questa “autostrada”. Dai vecchietti ai ragazzini tutti sono immersi nell’acqua, gettano di continuo le loro reti legate ad una bottiglia di plastica, chi a petto nudo, chi con una maglietta di calcio; e nonostante le reti rimangano vuote, senza perdersi d’animo tornano a lanciarle nuovamente.

Piccola famiglia nel Maekok

“Un momento, se questi pescano in piedi, e l’acqua gli arriva solo raramente alle costole, significa che sono pochi i punti in cui il fiume è veramente profondo”.
Meglio non pensarci.

Non so se sia arrivato prima questo pensiero o il forte fracasso proveniente dalla chiglia. In una frazione di secondo vedo prima le due signore francesi cedere all’urto e sfasciarsi sul pavimento e poi io seguito dalla mia ragazza e dal resto dei passeggeri, franargli rovinosamente addosso.
Issate le transalpine e tornati tutti al nostro posto capiamo subito l’accaduto e realizziamo di non essere messi affatto bene.

La barca è immobile e inclinata pericolosamente su di un fianco.
Siamo incagliati.

Nei successivi minuti Jacob spinge al massimo il motore per toglierci da questa situazione, con il solo risultato di affossare ancora di più l’imbarcazione e far schizzare sassi e fango dall’elica.
Più per apparenza che per convinzione decide di scendere dalla barca e provare manualmente a toglierla da quel casino.
Dove un enorme motore non è riuscito, sicuramente due braccia di un uomo nemmeno troppo muscoloso ce la faranno. Il risultato infatti è scontato.
Come scontato non è di certo il sorriso che ci butta lì senza troppa preoccupazione, con la tipica espressione di chi non sa cosa fare e in fin dei conti non gliene frega poi così tanto.

Parità di generi sì, ma quando si tratta di togliersi le scarpe per andare in acqua per smuovere la barca ovviamente tocca ai maschi. Così io e un altro ragazzo scendiamo dal fidato mezzo e assieme a Jacob proviamo a spingere inutilmente. L’acqua in quel punto non è più alta di 10 cm e il fondale è tutto ciottoli e ghiaia.
Il soccorso di un possente pescatore che si trova nelle vicinanze è la tipica manna dal cielo.

4 uomini, 8 braccia e 7 occhi sono così capaci di strappare lo scafo al fondo sassoso di quel fiume e risaliti in barca, dopo svariati Kop Khun Krap (grazie in Thailandese) al cortese pescatore, riusciamo a ripartire.

Bufali si ristorano immergendosi nel fiume Kok

La tensione e la rigidità dei muscoli non ci molla un secondo per tutto il resto del viaggio, anzi aumenta ancora quando la long tail boat, imitando quelle precedenti, prende una larga curva a destra per andare ad ormeggiare sulla sponda sinistra del Maekok. L’unica cosa di cui siamo certi è che non siamo arrivati di sicuro a Chiang Rai; saranno passate due ore scarse… perché si ferma allora?

L’inglese non è una lingua che deve piacere molto a questi Niki Lauda dei fiumi e così riceviamo di tutta risposta ai nostri dubbi solo un’indicazione con il braccio. L’indice dell’uomo indica un sentiero che si addentra nella foresta che costeggia il fiume.
Dopo una buona dose di gestualità, cenni, formule magiche e sorrisi ricevuti, intuiamo che da lì in poi l’acqua è troppo bassa e che le canoe con il nostro peso potrebbero incastrarsi sul fondale. Ma non mi dire!

Siamo a bordo fiume nel mezzo del nulla, alcuni vitelli pascolano spensierati nella sterpaglia mentre vediamo le barche con a bordo i nostri zaini riprendere il moto e allontanarsi giù lungo il fiume. Tutto molto bello e romantico se non fosse che dobbiamo camminare Dio solo sa per quanto, con la speranza di ritrovare la nostra barca con a bordo quel rassicurante uomo di Jacob e che il nostro sentiero attraversa un incendio.
Già, sulla sinistra della nostra via la foresta si aggrappa per una impervia riva e sulla destra a 20 metri c’è il fiume. Tra il fiume e il sentiero, il sottobosco brucia indisturbato e una nube di fumo rende l’aria irrespirabile.

Ma 20 minuti, l’equivalente di due pacchetti di sigarette respirati e una pisciata dopo, troviamo finalmente ad aspettarci i nostri traghettatori.
Per tutta l’ora successiva i nostri occhi si riempiono nuovamente di immagini stupende. Bambini gioiosi intenti a giocare e a pescare, bufali immersi in bagni ristoratori, cinghiali vigili sui loro piccoli a bordo fiume, colline ricoperte da palme e foreste, casette costruite su zattere di legno e di giovani uomini che portano la propria motocicletta in mezzo al fiume per lavarla.

Giovane pescatore nel Maekok

Giovane pescatore nel Maekok

3 ore e 15 minuti dopo l’incontro con quello strano uomo scalzo dai pochi denti ma dall’energico sorriso, arriviamo a Chiang Rai.
Per lo meno è quello che afferma lui dato che non c’è nulla, nessun tipo di attracco per la barca, nessuna casa e nessuna strada. Solo una sterpaglia in pendenza e nulla più.

Ah si, in mezzo all’erba c’è anche un semplice pick-up nero, fermo con un uomo al suo fianco.
Di come abbiamo fatto poi a raggiungere il centro città nel cassone del pick-up senza perdere niente e nessuno dei 12 passeggeri e relativi bagagli, ve lo racconto un’altra volta.

Tutti questi meravigliosi imprevisti, il vento perenne sulla faccia, gli umili ma potenti paesaggi che ci hanno riempito gli occhi durante tutto il tragitto, hanno reso questa esperienza tra le più belle di tutto il viaggio in Thailandia. E la prossima volta che leggerò di un tragitto la cui durata può variare dalle 3 alle 5 ore non potrò che esserne felice.

Qui sotto un video del viaggio:

 

Informazioni utili:

  • Le Long tail boat per Chiang Rai partono da Tha Ton tutti i giorni alle 12 e 30.
  • Il biglietto costa 400 bath, l’equivalente di 10,20 euro (Gennaio 2016) e si fa direttamente al molo.
  • Fate il biglietto il giorno prima se no si rischia di non trovare posto.
  • Durata viaggio: dalle 3 alle 5 ore 😉